Il refettorio

Buongiorno miei cari,
il vostro Fra Guglielmo è un po’ triste oggi.

Mi hanno detto che il vostro periodo di clausura sta finendo, e che questa è l’ultima volta che posso accompagnarvi nei luoghi di questo monastero. Non fraintendetemi, sono contentissimo per voi, solo che cominciavo ad abituarmi alla vostra presenza, e sarà difficile tornare alla solitudine e al silenzio.

Comunque sia, per rendere più lieto il nostro addio ho chiesto al priore il permesso di mangiare tutti insieme. Sapete, di solito ogni monaco mangia da solo nella sua cella, e il pranzo in comune è un lusso che ci concediamo raramente: lo facciamo la domenica perché è il giorno del Signore, per le feste religiose come Il Natale e la Pasqua e quando viene a trovarci un ospite di particolare riguardo. Direi che la giornata di oggi rientra proprio in quest’ultimo caso!

Il refettorio

Seguitemi quindi nel refettorio, la nostra grande mensa, e accomodatevi pure al tavolo; mentre i miei fratelli cuochi preparano il pranzo vi illustrerò questa bellissima sala, decorata dal pittore fiorentino Pietro Giarrè alla fine del Settecento.

Ah, vi avverto, qui in Certosa non si mangia carne, ma potrete rifarvi con tanti legumi, verdure, cereali, frutta e poi ancora uova e formaggi. Tutti prodotti salutari e a chilometro zero, come si dice oggi, perché vengono direttamente dai campi e dalle stalle del monastero. Ogni tanto ci concediamo anche un pochino di pesce, che alleviamo nelle vasche vicino agli orti.

Dipinto con il Granduca Cosimo III di Pietro Giarrè

Se non credete alle mie parole, guardate con i vostri occhi il dipinto che ci raffigura mangiare nel refettorio.
Questa era un’occasione molto importante, perché si festeggiava la visita del Granduca Cosimo III de’ Medici – quel signore coi capelli lunghi e il mantello rosso accanto al priore -, ma non per questo abbiamo infranto la regola! Vi sfido a trovare nei nostri piatti una bistecca o una coscetta di pollo.

Il mese di maggio – Foto di Patrick Crowther

Forse avrete notato i finti pilastri che intervallano le grandi scene dipinte. Alla loro base sono riportati i nomi dei mesi scritti in una lingua un po’ strana, francese antico. Abbiamo scelto questa lingua perché ci ricorda che è proprio in Francia che il nostro fondatore San Bruno costruì la prima Certosa della storia.
I personaggi che abitano le colonne sono le rappresentazioni dei mesi, infatti nei loro cesti trovate frutta e verdura di stagione. Io gli do sempre un’occhiata per ricordarmi cosa è pronto nell’orto.

Il pulpito del refettorio – Foto di Gianni Careddu – CC BY-SA 4.0

Vi metto al corrente di un’ultima regola prima che il pranzo cominci: anche quando mangiamo tutti insieme nel refettorio, siamo comunque tenuti a farlo in completo silenzio, mentre uno di noi, affacciato da quel balconcino che si chiama pulpito, legge a gran voce gli statuti dell’Ordine per ricordarci le regole che è giusto seguire.

Padre Antonio ha chiesto al priore di fare lui la lettura di oggi, perché vuole darvi un saluto speciale. Eccolo che arriva!

Il pulpito abitato – Foto di Marco Andreozzi

Cari bambini, 
dai più grandicelli ai più piccolini,
è stato un piacere avervi fra queste mura,
vi assicuro che avete reso la nostra vita un po’ meno dura.
Speriamo che anche noi vi abbiamo dilettato,
ma bando alle ciance, il momento è arrivato.
Questo però non è un addio, ma un saluto a presto.
Ci rivediamo in Certosa quindi, dove sempre io resto!

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